PLATONE
Del vero amore
«È ignobile quell'amante volgare che si innamora piuttosto del corpo che dell'anima; del resto non può essere
nemmeno costante, giacché è innamorato di qualcosa che costante non è. Non appena appassisce il fiore del corpo, di cui era innamorato, s'invola lontano, smentendo tanti discorsi e tante
promesse; ma chi si innamora di un nobile carattere, ne resta amante per tutta la vita, in quanto si fonde a cosa che resta. […]
Proprio per questa ragione si considera disdicevole in primo luogo il farsi conquistare troppo in fretta, e questo perché passi un
po' di tempo (e il tempo, come si sa, riesce a saggiare la maggior parte delle cose), e in secondo luogo il lasciarsi sedurre dal danaro o da posti di potere, nei casi un cui l'amato, fatto
oggetto di prepotenze, si spaurisca e non opponga resistenza o qualora non disdegni vantaggi economici o successi politici. Nulla di tutto questo può essere saldo e costante, a parte il fatto che
nemmeno può nascerne un vincolo dignitoso.»
Platone, Simposio, 183 d-e, 184 a-b