Sui terremoti

 

Che cosa c’è di più stolto che temere l’oscillare della terra o l’improvviso precipitare di monti e l’invasione del mare gettato fuori dalla riva, quando la morte è presente dappertutto e ci viene incontro da ogni parte, e niente è così minuscolo da non avere abbastanza forza per distruggere il genere umano? A tal punto queste catastrofi non ci devono sconvolgere, come se implicassero un male maggiore della morte comune, che anzi, poiché è inevitabile uscire dalla vita ed esalare l’ultimo respiro una volta o l’altra, dobbiamo rallegrarci di farlo per una causa più grandiosa. Morire è inevitabile, in un luogo o in un altro, un giorno o un altro: stia pure ferma questa terra e si mantenga nei suoi limiti e non sia scossa da alcun colpo, prima o poi mi ricoprirà. Che differenza c’è se sarò io a gettarla su di me o vi si getterà da sola? Si apre e si spacca per l’enorme potenza di non so quale male, e mi trascina in un abisso profondissimo; e allora? La morte è più lieve alla superficie della terra? Che motivo ho di lamentarmi, se la natura non vuole che io muoia in modo comune, se mi getta addosso una parte di sé? (…) Se bisogna cadere, cadrò nello sconvolgimento del globo, non perché sia lecito augurarsi un disastro generale, ma perché contro la morte è di grande conforto vedere che anche la terra è mortale. Gioverà anche mettersi nella disposizione d’animo che gli dèi non fanno niente del genere e che gli sconvolgimenti del cielo e della terra non sono le conseguenze della collera divina: questi fenomeni hanno le loro cause, e non infuriano a comando, ma gli elementi, come i nostri corpi, vengono alterati e, mentre sembra che facciano del male, lo subiscono. (…) Tutti questi fenomeni provocano in noi ammirazione e timore: e poiché la causa del nostro timore è l’ignoranza, non vale la pena di sapere, per non avere più paura? Quanto è meglio ricercare le cause, e dedicarsi completamente a questo con tutti se stessi! E non si potrebbe trovare alcun argomento più degno non solo che ci si occupi di esso, ma che ci si consacri a esso. Il vantaggio della nostra indagine è il più grande di tutti: la conoscenza della natura. Ricerchiamo, dunque, che cosa sia che scuote la terra fin dal profondo (…) questa indagine è per me così piacevole che, sebbene una volta, quand’ero giovane, abbia pubblicato un volume sul terremoto, ho voluto tuttavia mettermi alla prova e vedere l’età abbia aggiunto qualcosa o alle mie conoscenze o per lo meno alla mia diligenza di studioso.  

 

L.A. Seneca, Naturales Quaestiones, VI, 3-5