AUGUSTE COMTE

(1798-1857 )



Discours sur l'esprit positif


(1844)



[…]


4. Stato positivo


Questa lunga successione di preamboli necessari [sullo «stato teologico» e sullo «stato metafisico»] conduce infine la nostra intelligenza, gradualmente emancipata, al suo stato definitivo di positività razionale, che deve essere qui caratterizzato in modo più particolareggiato dei due stadi precedenti. Avendo spontaneamente constatato, in questi esercizi preparatori, l’inanità radicale delle spiegazioni vaghe e arbitrarie proprie della filosofia iniziale, sia teologiche che metafisica, lo spirito umano rinunzia ormai alle ricerche assolute che convenivano solo alla sua infanzia e circoscrive i suoi sforzi nell’ambito, perciò rapidamente progressivo, della vera osservazione, sola base possibile delle conoscenze veramente accessibili, sagacemente adattate ai nostri bisogni reali. La logica speculativa era fino ad allora consistita nel ragionare, in modo più o meno sottile, secondo principi confusi che, non comportando nessuna prova sufficiente, suscitavano sempre dibattito senza esito. Essa riconosce ormai, come regola fondamentale, che ogni proposizione che non è [deve essere] strettamente riducibile alla semplice enunciazione di un fatto, particolare o generale, non può presentare nessun senso reale e intelligibile.


La pure immaginazione perde allora irrevocabilmente la sua antica supremazia mentale, e si subordina necessariamente all'osservazione, in modo da sostituire uno stato logico pienamente normale, senza cessare tuttavia di esercitare, nelle speculazioni positive, un ruolo capitale e inesauribile per creare o perfezionare i mezzi di connessione, sia definitiva che provvisoria.


In una parola, la rivoluzione fondamentale che caratterizza la virilità della nostra intelligenza consiste essenzialmente nel sostituire, dappertutto, all’inaccessibile determinazione delle cause propriamente dette, la semplice ricerca delle leggi, cioè delle relazioni costanti che esistono tra i fenomeni osservati. Che si tratti di minori o di più sublimi effetti, di urto o di gravità come di pensiero e di moralità, noi non possiamo veramente conoscere che le diverse mutue relazioni, proprie del loro modo di compiersi, senza mai penetrare il misterodella loro produzione.



Non solamente le nostre ricerche positive devono essenzialmente ridursi, sempre, alla valutazione sistematica di ciò che è, rinunziando a scoprirne la prima origine e la destinazione finale; ma importa, inoltre, avvertire che lo studio dei fenomeni, invece di poter divenire in alcun modo assoluto, deve sempre restare relativoalla nostra organizzazione e alla nostra situazione. Riconoscendo, sotto questo duplice aspetto, l'imperfezione necessaria dei nostri mezzi speculativi, si vede che, lungi dal poter studiare completamente una esistenza effettiva, non potranno garantire in nessun modo la possibilità di constatare così, anche molto superficialmente, tutte le esistenze reali, la maggior parte delle quali forse ci deve sfuggire totalmente. Se la perdita di un senso importante basta per nasconderci radicalmente un intero ordine di fenomeni naturali, c'è tutto da pensare che, viceversa, l'acquisto di un nuovo senso ci svelerebbe una classe di fatti di cui ora non abbiamo nessuna idea, a meno che non si creda che la diversità dei sensi, così differente tra i principali tipi di animali, sia spinta, nel nostro organismo, al più alto grado che possa esigere l'esplorazione totale del mondo esteriore, supposizione evidentemente gratuita e quasi ridicola. […]



5. Le nostre «conoscenze reali» sono relative


[…]



6. I fenomeni: le loro leggi, la nostra conoscenza


È nelle leggi dei fenomeniche consiste realmente la scienza, alla quale i fatti propriamente detti, per esatti e numerosi che possano essere, forniscono sempre solo indispensabili materiali. Ora, considerando il fine costante di queste leggi, può dirsi, senza nessuna esagerazione, che la vera scienza, ben lungi dall'essere formata da semplici osservazioni, tende sempre a dispensare, per quanto è possibile, dall'indagine diretta, sostituendovi questa previsione razionale, che costituisce, sotto tutti i punti di vista, il principale carattere dello spirito positivo, come il complesso degli studi astronomici ci farà chiaramente vedere. Una tale previsione, conseguenza necessaria delle relazioni costanti scoperte tra i fenomeni, non permetterà mai di confondere la scienza reale con quella vana erudizione che accumula meccanicamente fatti senza aspirare a dedurli gli uni dagli altri. Questo grande attributo di tutte le nostre sane speculazioni non interessa meno alla loro utilità effettiva che alla loro dignità: e invero l'indagine diretta dei fenomeni compiuti non potrebbe bastare a permetterci di modificarne il compimento, se non ci conducesse a prevederli come si deve. Così, l'autentico spirito positivo consiste soprattutto nel vedere per prevedere [voir pour prévoir sa-voir pour prévoir pour pouvoir], nello studiare ciò che è per concluderne ciò che sarà, secondo il dogma generale dell'invariabilità delle leggi naturali. […]



Auguste Comte, Discorso sullo spirito positivo, tr. it. Laterza, Roma-Bari 2003, §§ 5 e 6, pp. 15-17 e 20-21