Benedetto Croce

IN CHE COSA CONSISTE L'ARTE O POESIA

tratto da Aesthetica in nuce (1928)

 

Se si prende a considerare qualsiasi poesia per determinare che cosa la faccia giudicar tale, si discernono alla prima, costanti e necessari, due elementi: un complesso di immagini e un sentimento che lo anima. [...] Immagini di persone, di cose, di atteggiamenti, di gesti, di detti, mere immagini che non stanno come storia e critica storica, e non sono né date né apprese come tali. Ma attraverso esse tutte corre il sentimento, un sentimento che non è più del poeta che nostro, un umano sentimento di pungenti memorie, di rabbrividente orrore, di malinconia, di nostalgia, d'intenerimento, persino di qualcosa che è puerile e insieme pio [...]: un qualcosa di ineffabile in termini logici e che solo la poesia, al suo modo, sa dire a pieno.

 

Due elementi, che peraltro appaiono due nella prima e astratta analisi, ma che non si potrebbero paragonare a due fili, nemmeno intrecciati tra loro, perché, in effetto, il sentimento si è tutto convertito in immagini, in quel complesso d'immagini, ed è un sentimento contemplato e perciò risoluto e superato. Sicché la poesia non può dirsi né sentimento né immagine né somma dei due, ma «contemplazione del sentimento» o «intuizione lirica» o (che è lo stesso)«intuizione pura», in quanto è pura di ogni riferimento storico e critico alla realtà o irrealtà delle immagini di cui s'intesse, e coglie il puro palpito della vita nella sua idealità.

Certo nella poesia si possono trovare altre cose oltre questi due elementi e la sintesi loro; ma le altre cose o vi sono frammiste come elementi estranei (riflessioni, esortazioni, polemiche, allegorie, ecc.) o non sono che questi stessi sentimenti-immagini disciolti dal loro nesso , presi materialmente, ricostituiti quali erano innanzi della creazione poetica: nel primo caso elementi non poetici e soltanto introdotti e aggregati; nel secondo, svestiti di poesia, resi non poetici dal lettore non poetico o non più poetico, che ha dissipato la poesia [...].

 

Quel che si è detto della «poesia», vale di tutte le altre «arti» che si sogliono enumerare, della pittura, della scultura, dell'architettura, della musica: dovendosi, sempre che si disputa della qualità di questo o quel prodotto spirituale rispetto all'arte, attenersi al dilemma: o esso è un'intuizione lirica, o sarà qualsivoglia altra cosa, sia pure altamente rispettabile, ma non arte. Se la pittura fosse, come talvolta è stato teorizzato, un'imitazione o riproduzione di oggetti dati, non sarebbe arte, ma cosa meccanica e pratica; se i pittori fossero, come in altre teorie, combinatori di linee e luci e colori con industre novità di ritrovati e di effetti, sarebbero inventori tecnici e non artisti; se la musica consistesse in simili combinazioni di toni, si potrebbe attuare il paradosso di Leibniz e del padre Kircher di comporre spartiti senza saper di musica, o ci sarebbe da temere, col Proudhon per la poesia e con lo Stuart Mill per la musica, che, esaurito il numero delle possibile combinazioni di parole e di note, la poeticità e la musicalità esulassero dal mondo. [...]

L'intenditore di poesia va diritto a quel cuore poetico e ne risente il battito nel suo; e, dove quel battito tace, nega che vi sia poesia.