LIBERISMO E LIBERALISMO IN CROCE

 

di Martino Loiacono

 

 

Spesso si è maldestramente affermato che il liberalismo conduce ad un’ingiusta spartizione della ricchezza e del denaro e che sostanzialmente affama le masse in quanto favorisce determinati gruppi che possono accrescere il proprio patrimonio a scapito della maggioranza degli individui.

 

Tale proposizione viene chiarita magistralmente dal Croce il quale pone il problema in altri termini risolvendolo in una sintesi che contiene i pregi dell’economia di mercato, superata e conservata, in un’etica liberale volta all’accrescimento dell’uomo e della sua dignità.

 

Le pagine citate risultano di grande attualità in quanto permettono una lettura ante litteram della crisi economica iniziata nel 2007 e non ancora conclusasi poiché il filosofo Napoletano mostra gli innumerevoli rischi di un liberismo sfrenato che dimentica il risvolto etico e si nutre della brama di ricchezza quantitativa e non già del qualitativamente morale. Croce non propone ricette astratte per riuscire a superare questa possibile dicotomia tra liberismo e liberalismo ma si cala pienamente nella realtà e la risolve nella concretezza di provvedimenti che siano eticamente e qualitativamente validi e dunque anche quantitativamente validi perché volti all’universale etico e non semplicemente al particolare economico.

 

 

 

BENEDETTO CROCE

 

Etica e politica

 

«[..] Ma la difficoltà si fa innanzi non appena al liberismo economico si dia valore di regola o legge suprema della vita sociale; perché allora esso vien posto accanto al liberalismo etico e politico, che è dichiarato altresì regola e legge suprema della vita sociale, e nasce di difficoltà un conflitto. Due leggi di pari grado in materia sono, evidentemente, troppo: ce n’è una di più. Tranne il caso che le si dimostri tutte e due fallaci,una delle due deve assoggettare o, per dir meglio, risolvere in sé l’altra; e, se tale risoluzione è operata da quella delle due cui spetta di diritto il primato o l’esclusività, bene: se dall’altra inferiore, si ha un caso di tentata usurpazione.

 

Ora per l’appunto questo è accaduto quando al liberismo economico è stato conferito il valore di legge sociale,, perché allora esso, da legittimo principio economico, si è convertito in illegittima teoria etica, in una morale edonistica e utilitaria, la quale assume a criterio di bene la massima soddisfazione dei desiderii in quanto tali, che è poi di necessità, sotto questa espressione di apparenza quantitativa, la soddisfazione di libito individuale o di quello che della società intesa in quanto accolta e media d’individui. [..]

 

Infatti, alla soddisfazione alla soddisfazione meramente utilitaria si contrappone come necessità superiore l’esigenza morale; alle medie della soddisfazione utilitari, al quantitativo più o meno esteso e generale, il qualitativo, ossia il qualitativamente morale. Né vale, per uscire dall’impaccio, venire delimitando le sfere di quel che è da lasciar far, perché anche questa posizione del problema è fallace alla luce dell’etica, la quale ignora rifiuta il concetto del lasciato, del permissivo e del lecito. Tanto vero che, quando ci si prova a eseguire in concreto quella delimitazione, le due sfere si confondono, e si vede che o tutto o niente è lecito.

 

La difficoltà si scioglie col riconoscere il primato non all’economico liberismo ma all’etico liberalismo, e col trattare i problemi economici della vita sociale sempre in rapporto a questo. Il quale aborre dalla regolamentazione autoritaria dell’opera economica in quanto la considera mortificazione delle facoltà inventive dell’uomo, e perciò ostacolo all’accrescimento dei beni o della ricchezza che si dica; e in ciò si muove nella stessa linea del liberismo, com’è naturale , posta la comune radice ideale. Ma non può accettare che beni siano soltanto quelli che soddisfano il libito individuale, e ricchezza solo l’accumulamento dei mezzi a tal fine; e, più esattamente, non può accettare addirittura, dal suo punto di vista, che questi sieno beni e ricchezza, se tutti non si pieghino a strumenti di elevazione umana. La libertà di cui esso intende parlare è indirizzata a promuovere la vita spirituale nella interezza, e perciò in quanto vita morale.

 

Ciò posto, il problema si configura, per il liberalismo, nel determinare, secondo luoghi e tempi e nel caso dato, non già se un certo sia liberistico (meramente o astrattamente economico) ma se sia liberale; non se sia quantitativamente produttivo ma se sia qualitativamente pregevole; non se sia gradevole a uno o più, ma se sia salutare all’uno, ai più e a tutti, all’uomo nella sua forza e dignità di uomo.»

 

 

Tratto da: B. Croce , Etica e Politica, a cura di G. Galasso, Adelphi, Milano, 1994.

 

Les collecteurs d’impots» di Marinus Claeszoon van Reymerswaele (1493-1567)
Les collecteurs d’impots» di Marinus Claeszoon van Reymerswaele (1493-1567)