DIO È L'ESSERE

da Ritornare a Parmenide,
in
Essenza del nichilismo (1982)
di Emanuele Severino



Nell'opposizione originaria, ogni essere (e la totalità dell'essere) si volge verso più direzioni - si trova cioè in una pluralità di rapporti. Ad esempio: l'albero non è il monte, o questo positivo non è questo suo negativo; l'albero non è il monte, la casa e tutto ciò che è altro dall'albero. Ma quando l'essere, ogni essere, si rivolge verso quella direzione, lungo la quale si lega al suo "è" (questo rivolgersi è la via verace di cui parla Parmenide) - quando cioè dell'albero non si dice (soltanto) che non è il monte, ma si dice che è e non può accadere che non sia, allora ogni essere prende volto divino. In quanto questo albero, con questa sua forma e colori, è e non può accadere che non sia, già questo albero è θείόν, se ό θεός è l'essere nella sua immutabile pienezza. L'essere, tutto l'essere, visto come ciò che è e non può non essere, è Dio. E quando l'essere parla di sé, dice appunto: Ego sum qui sum; che è la più alta espressione speculativa del testo sacro. A Dio non si arriva; non si giunge a guardarlo dopo un esilio o una cecità iniziali; appunto perché Dio è l'essere, di cui il logo originario dice che è e non può non essere; ossia è il contenuto della verità originaria, nella misura in cui questa si costituisce come affermazione che l'essere è.

[Severino, E. Essenza del nichilismo, Adelphi, Milano, 1982, pp. 58-59]