L'UOMO LIBERO


di Friedrich Nietzsche


L'uomo "libero", il possessore di una durevole, incrollabile volontà, trova in questo possesso anche la sua misura di valore: volgendo sugli altri lo sguardo a partire da se stesso, onora o disprezza; e con la stessa necessità con cui onora i suoi pari, i forti e i fidi (ai quali è lecito far promesse), - dunque ognuno che prometta al pari di un sovrano, difficilmente, di rado, con lentezza, che sia avaro della sua fiducia, che, quando promette, segni una distinzione, e che dia la sua parola come qualcosa su cui si può fare affidamento, poiché si sa abbastanza forte da mantenerla persino contro casi avversi, persino "contro il destino" - con questa stessa necessità terrà pronte le sue pedate contro gli esili levrieri che promettono senza averne la facoltà, e la sua verga per il mentitore che vien meno alla sua parola in quello stesso momento in cui l'ha sulle labbra. La superba cognizione dello straordinario privilegio della responsabilità, la consapevolezza di questa rara libertà, di questa potenza sovra se stesso e sul destino è discesa in lui sino al suo infimo fondo ed è divenuta istinto, istinto dominante - quale nome darà a questo istinto dominante, ammesso che senta in sé il bisogno di una parola per esso? Ma non v'è dubbio: questo uomo sovrano lo chiama la sua coscienza ...

[NIETZSCHE, Genealogia della morale. Uno scritto polemico, tr. it. di Ferruccio Masini, Adelphi, 2011, pp. 47-48.]