L'ORIGINE DEL SIGNIFICATO

 

Giordano Bruno e la filosofia buddista: un'unione di pensiero non voluta

 

di Giorgio Bolla

 

 

 

La bellezza non è un'idea e siede

sovrumana, inattingibile, pura:

può solo essere desiderata ocercata,

mai raggiunta nella sua pienezza.

È il sentimento mai appagato.

Ma è la verità che le siede accanto.

 

 

 

 

 

Le corrispondenze di pensiero e di significati filosofici illuminano il percorso dell’uomo nella ricerca della verità.

 

Al di là delle conoscenze reciproche, al di sopra dei contatti di tempo e di luogo, un filo sottile corre tra una mente e l’altra: il pensatore viene "usato" dal corso irrefrenabile dei concetti e delle interpretazioni (1,2). La umana coscienza si sostanzia di atteggiamenti indipendenti dal singolo, in una bizzarra "koiné" apparentemente inspiegabile.

 

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Non vi sono documenti di archivio né note tramandate di una diretta conoscenza delle filosofie dell'Estremo Oriente da parte di un giovane monaco domenicano entrato in convento in quella Napoli della seconda metà del Cinquecento ricca di fermenti filosofici e aperta, anche in quanto città di mare, al rapporto con lo "straniero".

 

Insomma, non è stato mai trovato un riscontro – scritto o verbale – di un colloquio filosofico tra la Metafisica del Bruno e l’approccio metodologico e di pensiero della "scienza filosofica" indo-tibetana. Lo stesso vale per i soggiorni parigini e londinesi del filosofo nolano (pur essendo anche questi ambienti fortemente permeati da influssi variegati di pensiero, ad esempio di origine araba e specie nell'atmosfera universitaria della città francese) come ancora per quelli trascorsi nei paesi di lingua tedesca. Non siamo dunque in grado di attestare nemmeno delle vaghe suggestioni reciproche, derivate da passaggi conoscitivi diversi.

 

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Due sono in particolare, a mio avviso, i campi di profonda, intima e nascosta unione .

 

Il primo riguarda la scienza dell’uomo, il concetto di morte e rinascita (samsāra per i buddisti tibetani) o anche di metempsicosi che Giordano Bruno, dichiaratamente, arrivava ad accogliere grazie alla tradizione relativa ad un antico filosofo occidentale, Pitagora.

 

Il nostro destino è questo, di trasmigrazione di esistenza in esistenza, portandoci dietro il bene e il male che abbiamo agito .

 

Il secondo luogo di rapporto intimo e di confronto è proprio l'essenza definitiva della filosofia bruniana, la ricerca ultima del significato della realtà, fisica e metafisica del cosmo.

 

Unità e molteplicità del cosmo, appunto, la divinità come immobilità infinita. E allora l'uomo come parte integrante dell’universo, in una rete infinita e ineliminabile di relazioni. La quidditàtathatā in sanscrito – che denota la totalità della realtà sia nel suo aspetto trascendente che in quello fenomenico. Stabilisce l'unicità e l'unità delle sfere assoluta e relativa ed esprime la totalità di tutte le cose: essa esiste in tutti gli esseri e la sua natura rimane non creata ed eterna.

 

Mutabilità e impermanenza all'interno di una dimensione immutabile una volta raggiunta l'Illuminazione, il traguardo e la fine del sentiero di purificazione dei buddisti.

 

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Iniziamo l’analisi dei testi ed in particolare quella relativa al primo passaggio descritto sopra, il percorso infinito della morte e della rinascita degli esseri senzienti.

 

Questo principio dum que stima Giove esser quella sustanza che e’ veramente l’uomo, e non accidente che deriva dalla composizione. Questo è il nume, l’eroe, il demonio, il dio particolare, l’intelligenza: in cui, da cui, e per cui, come vegnon formate e si formano diverse complessioni e corpi, cossi’ viene a subintrare diverso essere in specie, diversi nomi, diverse fortune.Questo per esser quello che quanto agli atti razionali et appetiti, secondo la raggione muove e governa il corpo, e’ superiore a quello,e non puo’ essere da lui necessitate e constretto: aviene per l’alta giustizia che sopra siede alle cose tutte,che per gli disordinati affetti vegna nel medesimo o in altro corpo tormentato et ignobilito, e non debba aspettar il governo et administrazione di meglior stanza, quando si sara’ mal guidato nel regimento d’un’altra. Per aver dumque ivi menata vita (per essempio) cavallina o porcina,verra’ (come molti filosofi piu’ eccellenti hanno inteso: et io stimo che se non e’ da esser creduto, e’ molto da esser considerato) disposto dalla fatal giustizia che gli sia intessuto in circa un carcere conveniente a tal delitto o crime, organi et instrumenti convenevoli a tale operario o artefice. E cossi’ oltre et oltre sempre discorrendo per il fato della mutazione, eterno verra’ incorrendo altre et altre peggiori e megliori specie di vita e di fortuna: secondo che s’e’ maneggiato megliore o peggiormente nella prossima precedente condizione e sorte.

(Spaccio della bestia trionfante – Epistola esplicatoria)

 

Benche’ io sono in forma d’asino al presente, posso esser stato e posso esser appresso in forma di grand’uomo; e benche’ tu sia un uomo, puoi esser stato e potrai esser appresso un grand’asino, secondo che parra’ ispediente al dispensator de gli abiti e luoghi, e disponitor de l’anime transmigranti.

(Cabala del cavallo pegaseo – L’asino cillenico)

 

Confrontiamo i Dialoghi Italiani del Bruno con i Testi Canonici del Buddismo:

 

Poiche’ essi vedono la morte di una persona in un’esistenza, la sua rinascita (patisandhi) in un’altra e di nuovo la sua morte in questa esistenza e la sua rinascita in una terza. E cosi’ passano attraverso la serie delle nascite e delle morti.

(Buddhaghosa, Il racconto del ricordo delle vite precedenti)

 

Durante i passaggi d’esistenza nasce,di tutti gli atti eterogenei od omogenei appartenenti a uno stesso modo, un indistruttibile unico.

(Nagarjuna : Le stanze del Cammino di mezzo)

 

Percio’ nessun Dio creatore da’ o toglie ai viventi piacere o dolore. Nella trasmigrazione vige la legge delle azioni fatte in precedenza, le quali, solo, possono dar frutti.

(Pundarika : La realizzazione della conoscenza del Supremo immoto)

 

Ed ora la cosmologia, la metafisica, il significato più profondo:

 

Unum est quod omnia definit. Unus est pulchritudinis splendor in omnibus. Unus e multitudine specierum fulgor emicat.

 

Per tanto variar natura è bella.

 

Inmotus motor compulsu semper eodem dat motum aeterna immobilitate vigens. (3)

(De Umbris Idearum)

 

E’ dumque l’universo uno, infinito, inmobile. Una, dico, e’ la possibilita’ assoluta, uno l’atto. Una la forma o anima; una la materia o corpo. Una la cosa. Uno lo ente. Uno il massimo et ottimo: il quale non deve posser essere compreso, e pero’ infinibile et interminabile, e per tanto infinito et interminato; e per conseguenza inmobile. Questo non si muove localmente, perche’ non ha cosa fuor di se’ ove si trasporte, atteso che sia il tutto. Non si genera, perche’ non e’ altro essere che lui possa desiderare o aspettare, atteso che abbia tutto lo essere. Non si corrompe, perche’ non e’ altra cosa in cui si cange, atteso che lui sia ogni cosa. Non si puo’ sminuire o crescere, atteso che e’ infinito, a cui come non si puo’ aggiongere, cossi’ e’ da cui non si puo’ suttrarre: percio’ che lo infinito non ha parte proporzionabili. Non e’ alterabile in altra disposizione, perche’ non ha esterno da cui patisca e per cui venga in qualche affezzione.

(De la Causa, Principio et Uno – Dialogo Quinto)

 

La unita’ e’ nel numero infinito,et il numero infinito nell’unita’; oltre che l’unita’ e’ uno infinito implicito,e l’infinito e’ la unita’ explicita; appresso che dove non e’ unita’, non e’ numero ne’ finito ne’ infinito; e dovumque e’ numero o finito o infinito, ivi necessariamente e’ l’unita’.

(Spaccio de la bestia trionfante – Dialogo Primo)

 

Sono dumque infiniti motori cossi’ come sono anime infinite di queste infinite sfere: le quali perche’ sono forme et atti intrinseci, in rispetto de quali tutti e’ un prencipe da cui tutti dipendeno, e’ un primo il quale dona la virtu’ della motivita’ a gli spirti, anime, dèi, numi, motori; e dona la mobilita’ alla materia, al corpo, all’animato, alla natura inferiore, al mobile. Son dumque infiniti mobili e motori, li quali tutti se riducono a un principio passivo et un principio attivo, come ogni numero se riduce all’unita’; e l’infinito numero e l’unita’ coincideno; . . . In numero dumque e moltitudine e’ infinito mobile et infinito movente; ma nell’unita’ e singularita’ e’ infinito immobile motore,infinito immobile universo:e questo infinito numero e magnitudine, e quella infinita unita’ e semplicita’, coincideno in uno semplicissimo et individuo principio, vero, ente. Cossi’ non e’ un primo mobile,al quale con certo ordine succeda il secondo in sino a l’ultimo,opur in infinito;ma tutti gli mobili sono equalmente prossimi e lontani al primo e dal primo et universal motore:come (logicamente parlando) tutte le specie hanno equal raggione al medesimo geno, tutti gli individui alla medesima specie. Cossi’ da un motore universale infinito, in un spacio infinito, e’ un moto universale infinito da cui dependono infiniti mobili et infiniti motori, de quali ciascuno e’ finito di mole et efficacia. (3)

(De l’Infinito, Universo e Mondi - Dialogo Quinto)

 

I principi stabili della filosofia buddista:

 

Cio’ che non ha ne’ principio ne’ termine, come puo’ mai avere un punto di mezzo? E percio’, quanto a essa, i rapporti di anteriorita’, di posteriorita’ e di simultaneita’ son logicamente insostenibili.

 

Chi pensa che una cosa esiste,si ha,come conseguenza,la dottrina dell’eternita’; chi pensa che una cosa non esiste, si ha, come conseguenza, la dottrina dell’annientamento. L’intenditore, percio’, si studi di evitare l’idea dell’esistenza e l’idea della non-esistenza.

 

Cio’ che esiste in se’, non si puo’, di esso, dire che non esiste; di qui la dottrina dell’eternita’. Adesso cio’ non esiste; prima esisteva: di qui la dottrina dell’annientamento.

(Nagarjuna : Le stanze del Cammino di mezzo)

 

La vera natura delle cose e’ non prodotta e non distrutta,come il nirvana.

 

Non comunicabile da altri, pacificata, non dispiegata dallo spiegamento del pensiero discorsivo, priva di rappresentazioni soggettive, senza diversita’: tali i caratteri della realta’.

 

Realta’ assoluta, poiche’ e’ una realta’ e la piu’ alta. Ed essa e’ verita’; dunque verita’ assoluta.

 

Infatti quanto sta fisso nel suo proprio essere e’ immutabile, inalterabile, di lui non v’e’ ne’ crescita ne’ diminuzione. (3)

(Candrakirti, Parole chiare)

 

 

NOTE

 

  1. G. Bolla, Salmi biblici e Veda induisti: Un atteggiamento teleologico comune, L’arrivista, Vol. 6.
  2. R. Guenon, L'esoterismo di Dante, Milano 2001, pgg. 62-3.

  3. I richiami testuali sono tratti da G . Bruno, De Umbris Idearum, Firenze 1991 – G. Bruno , Opere Italiane, Voll. 1 e 2, Torino 2002 – La Rivelazione del Buddha, I testi antichi, Milano 2001 – La Rivelazione del Buddha, Il Grande Veicolo, Milano 2004.