IL NEOKANTISMO


 

Con la designazione di «neokantismo» o «neocriticismo» si è soliti indicare la diffusa ripresa dell’interesse per Kant che incominciò in Germania nella seconda metà dell’Ottocento, perdurando fino ai primi decenni del Novecento (ma richiami analoghi sorsero pure in Inghilterra, in Francia e in Italia. La necessità di riprendere la filosofia trascendentale kantiana, in particolare la dottrina della conoscenza scientifica, fu proclamata sia contro le metafisiche dello spirito tardo-idealistiche, sia soprattutto contro l’incipiente positivismo di tendenze naturalistiche e materialistiche, sia infine contro lo «psicologismo», cioè contro la tendenza a fare della psicologia la disciplina filosofica fondamentale e a spiegare la validità logica mediante la riconduzione di essa a operazioni psichiche.

Segnale di inizio del movimento neokantiano è considerato lo scritto polemico di Otto Liebmann  Kant und die Epigonen  (Kant e gli epigoni, 1865). Liebmann, nel trattare in modo in cui la cosa in sé era stata interpretata eni quattro indirizzi fondamentali della filosofia postkantiana (l’idealismo di Fichte, Schelling e Hegel; il realismo di Herbart; l’empirismo di Fries; la «poszione trascendente di Schopenhauer»), terminava i rispettivi capitoli del suo libro ripetendo ogni volta la stessa considerazione conclusiva: «Auf Kant muß zurückgegangen werden» («Bisogna dunque ritornare a Kant»).

[La ricostruzione di Liebmann mostra nondimeno quanto Kant fosse sempre stato presente nel dibattito e negli studi filosofici: questi non potevano prescindere da un confronto con le prospettive e i problemi che emersi dalla speculazione kantiana. Più che con diversi filosofi e filosofie, abbiamo sempre a che fare con un complesso dibattito e il suo sviluppo].

In realtà il pensiero kantiano non aveva mai cessato di rappresentare un punto di riferimento anche nel periodo aureo dell’idealismo, e non solo da parte di oppositori dell’idealismo come F.E. Beneke – che celebrava il centenario della prima Criticacon uno scritto Kant und die philosophische Aufgabe unserer Zeit(Kant e il compito filosofico del nostro tempo, 1832) – ma anche da parte degli idealisti stessi. Tra questi ultimi si possono ricordare: C.H. Weiße, che intitolava la sua prolusione accademica del 1847 In welchem Sinne die deutsche Philosophie jetzt sich wieder an Kant zu orientieren hat (In quale senso la filosofia tedesca si debba orientare di nuovo su Kant); lo hegeliano liberale K. Rosenkranz, professore sulla cattedra di Kant a Kӧnigsberg, per la sua Storia della filosofia kantiana(1840); e soprattutto gli storici hegeliani Kuno Fischer, per la sua Clavis kantiana(1860), ed Eduard Zeller, per il richiamo alla teoria kantiana della conoscenza rivendicato nella prolusione di Heidelberg Über Bedeutung und Aufgabe der Erkenntnistheorie (Sul significato e sul compito della gnoseologia, 1862).

Come si vede, dunque, il movimento neokantiano attecchiva su un terreno ampiamente dissodato, e ciò fece sì che esso potesse espandersi ampiamente nelle università tedesche e rimanervi in vita assai a lungo. Si può dire che la sua durata come movimento vero e proprio va all’incirca dal 1870 al 1920. I due fulcri di irraggiamento e i due centri principali del pensiero neokantiano furono le università di Marburgo, dove si formò la cosiddetta Scuola di Marburgo, e le università del Baden, cioè di Friburgo e Hiedelberg, dove fu attivata la cosiddetta Scuola del Baden.

[A richiamarsi a Kant] ci furono anche pensatori che, pur non avendo una propria scuola, esercitarono tuttavia una influenza come Friedrich Albert Lange (1828-1875), autore di una fortunata Geschichte des Materialismus (Storia del materialismo, 1866) letta e studiata anche da Friedrich Nietzsche, e Alois Riehl (1844-1924), nativo di Bolzano, che nella sua opera principale, Der philosophische Kritizismus (Il criticismo filosofico, 3 voll., 1876-1887-1924), sosteneva un criticismo realistico (insistendo sulla realtà esterna della cosa in sé), e faceva riferimento alle riflessioni teoriche dello scienziato Hermann Helmholtz (1821-1894). Anche quest’ultimo, infatti, sulla base di studi di fisiopsicologia e di percettologia – come Über das Sehen des Menschen(Sulla vista umana, 1878) e Die Tatsachen in der Wahrnehmung(I fatti nella percezione, 1879) – si era ampiamente richiamato a Kant nello spiegare la struttura della percezione dello spazio e del tempo (anche se – tendendo conto delle geometrie non euclidee – rifiutava, contro Kant, l’apriorità degli assiomi della geometria euclidea).

Si può ricordare ancora che il neokantismo fu recepito in vari altri campi, specialmente in quello della sociologia (G. Simmel, M. Weber), della filosofia del diritto (Rudolf Stammler, Gustav Radbruch, Hans Kelsen), ma anche in quello della teoria politica (dove fu congiunto col pensiero socialdemocratico e socialistico) e in quello della filosofia della religione (R. Otto). Inoltre, nel periodo della sua maggiore espansione e influenza, si ebbe, nel 1897, la fondazione della rivista «Kant-Studien» (di cui primo direttore du Hans Vaihinger) e la fondazione della «Società kantiana» (1904).

 

La scuola di Marburgo

 

Gli esponenti principali della scuola di Marburgo furono Hermann Cohen, Paul Natorp ed Ernst Cassirer, in parte anche Nicolai Hartmann – che però con l’opera Metaphysik der Erkenntnis (Metafisica della conoscenza, 1921) iniziò un proprio cammino – e poi varie figure minori come K. Vorländer (che coniugò neokantismo e pensiero marxiano), A. Liebert, A. Gӧrland e altri ancora.

Al centro dele lavoro filosofico della Scuola di Marburgo sta l’analisi delle condizioni di possibilità della conoscenza, intesa essenzialmente come conoscenza scientifica.

 

La scuola del Baden

 

I rappresentanti più importanti della Scuola del Baden furono Wilhelm Windelband, Heinrick Rickert, Emil Lask; minori sono invece Bruno Bauch – omonimo del biblista aderente alla Sinistra hegeliana –, J. Cohn, R. Kroner, G. Mehlis, H. Münsterberg.

Il carattere peculiare della scuola, rispetto all’indirizzo seguito a Marburgo, consiste nella tematica che essa privilegiò, cioè il problema dei valori, della loro validità e del loro carattere normativo. Allargando in tal senso il programma neokantiano, la Scuola del Baden sviluppò una filosofia della cultura du basi logico-trascendentali, avvicinandosi così alla problematica storicistica della fondazione delle scienze dello spirito, [alla quale il contributo più importante fu dato da Wilhelm Dilthey (1833-1911)], e influendo specialmente su E. Troeltsch e F. Meinecke, che delll’opera di Dilthey furono i continuatori.

 

 

VOLPI, Franco, Storia della filosofia. Ottocento e Novecento, Laterza, Roma-Bari 1998 (1991), pp. 174-81