John Stuart Mill

Utilitarismo e Giustizia

 

La differenza fra giusto e conveniente è puramente immaginaria? L'umanità si è allora illusa, pensando che la giustizia sia qualcosa di più sacro dell'accortezza tattica, pensando che non bisognerebbe mai prestare orecchio a quest'ultima, se non dopo aver soddisfatto la prima? Assolutamente no. Nella mia esposizione dedicata alla natura e all'origini del sentimento della giustizia, ho riconosciuto un'effettiva differenza fra le due; e nessuno di quelli che professano in più sublime disprezzo per le conseguenze delle azioni come elemento della loro moralità, attribuisce a quella differenza più importanza di me. Se, per un verso, contesto le pretese di quelle teorie che erigono immaginari parametri di giustizia non fondati sull'utilità, al contempo considero però la giustizia fondata sull'utilità come la componente principale, la parte incomparabilmente più sacra e più vincolante di ogni moralità. La giustizia è il nome di certe categorie di regole morali che riguardano più da vicino le condizioni essenziali del nostro benessere, e che quindi sono più rigorosamente obbligatorie di qualsiasi altra regola per guidare la nostra vita; e la nozione che abbiamo trovato nell’essenza stessa dell’idea di giustizia, e cioè quella di un diritto insito in un individuo, implica questa più cogente obbligatorietà e se ne fa testimone.

 

Le regole morali che proibiscono agli uomini di nuocersi reciprocamente (fra cui non dovremmo mai dimenticare di includere l’indebita ingerenza nella libertà individuale altrui) hanno per il nostro benessere un interesse più vitale di qualsiasi altra massima che, per quanto importante, si limiti ad indicare il modo migliore di amministrare un certo settore delle faccende umane.

 

Tratto da Utilitarismo, V