DE DOCTA IGNORANTIA

 

 

 

II, Capitolo V

Qualunque cosa in qualunque cosa

 

Se consideri acutamente quel che ho già detto, non ti sarà difficile vedere più profondamente, forse, di Anassagora, il fondamento della verità della sua massima «qualunque cosa è in qualunque cosa».
Poiché risulta chiaro dal primo libro che Dio è in tutte le cose in modo tale che tutte le cose sono in Dio e, ora, vediamo che Dio è in tutte le cose per la mediazione dell'universo – ne consegue che tutte le cose sono in tutte le cose e che qualunque è in ognuna. […]
Tutte le cose, dunque, riposano in una qualunque, perché un grado non può essere senza l'altro: come nelle membra del corpo un organo qualunque si accorda con un altro qualsiasi, e tutte sono soddisfatte di tutte. Poiché l'occhio non può essere in atto la mano, né il piede, né tutti gli altri organi, l'occhio si accontenta di essere occhio come piede il piede. E tutti gli organi si accordano l'uno con l'altro, affinché ciascuno sia nel miglior modo possibile ciò che è. E la mano e il piede non sono nell'occhio, ma nell'occhio sono occhio, in quanto l'occhio è immediatamente nell'uomo. E come tutti gli organi sono nel piede in quanto il piede è immediatamente nell'uomo, sì che un organo qualunque è, mediante un altro organo qualunque, immediatamente nell'uomo, e l'uomo, ossia il tutto, è, mediante qualunque organo, in qualunque altro organo: così il tutto è nelle parti, ossia in una parte qualunque, in virtù di qualunque parte.

Sul medesimo princìpio cfr. Emanuele Severino

 

Dipinto di Vittorio Bustaffa