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Prefazione a “Gli strani casi del Dr. Darwin e di Mr. Marx”
Il destino tragicomico di due teorie: il Novecento
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Ed ecco che così si ripresenta la secolare questione, l'interrogativo di tutti gli interrogativi, che pone le due seguenti alternative. L'una constata fenomenologicamente la relatività dei valori, che risulta da ultimo essere una molteplicità di errori: infatti il pensare diversamente su di uno stesso tema (valoriale) non è affatto la dimostrazione dell'equivalente legittimità di taluni pensieri rispetto ad altri. L'altra asserisce la relatività come costitutiva dei valori, i quali risulterebbero ontologicamente irriducibili e incommensurabili, quindi parimenti legittimi.

Certamente non possiamo che constatare con Pascal quanto segue:

 

Nulla si vede di giusto o di ingiusto che non muti col mutare di clima. Tre gradi di latitudine sovvertono tutta la giurisprudenza; un meridiano decide della verità; nel giro di pochi anni le leggi fondamentali cambiano; il diritto ha le sue epoche; l'entrata di Saturno nel Leone segna l'origine di questo o quel crimine. Singolare giustizia che ha come confine un fiume! Verità di qua dei Pirenei, errore di là. Essi [i dogmatici, gli Stoici e i seguaci del "giusnaturalismo"] affermano che la giustizia non consiste in queste costumanze, bensì in leggi naturali, riconosciute in ogni paese. E, certo, lo sosterrebbero ostinatamente, se, tra le leggi umane che la temerarietà del caso ha disseminato, ce ne fosse almeno una di universale; ma il buffo è che il capriccio degli uomini si è così ben diversificato che non ce n'è nessuna. Il furto, l'incesto, l'uccisione dei figli o dei padri, tutto ha trovato posto tra le azioni virtuose. Si può dar cosa più spassevole di questa: che un uomo abbia il diritto di ammazzarmi solo perché abita sull'altra riva del fiume e il suo sovrano è in lite con il mio, sebbene io non lo sia con lui?

 

Ma allora dobbiamo asserire, con Bobbio, per esempio, e con tutta la cultura postmoderna dominante, l'innegabile valore di ciò che la contingenza degli eventi ci presenta?

 

Dal punto di vista teorico ho sempre sostenuto, e continuo a sostenere, confortato da nuovi argomenti, che i diritti dell’uomo, per fondamentali che siano, sono diritti storici, cioè nati in certe circostanze, contrassegnate da lotte per la difesa di nuove libertà contro vecchi poteri, gradualmente, non tutti in una volta e non una volta per sempre. Il problema, su cui sembra che i filosofi siano chiamati a dare la loro sentenza, del fondamento, addirittura del fondamento assoluto, irresistibile, inoppugnabile, dei diritti dell’uomo, è un problema mal posto: la libertà religiosa è un effetto delle guerre di religione, le libertà civili, delle lotte dei parlamenti contro i sovrani assoluti.

 

 

La storia dell'Occidente ci consegna a questo definitivo risultato?