Dagli anni '60 al Postmoderno

 

La cultura giovanile divenne la matrice di quella più ampia rivoluzione culturale che, modificando i costumi, il modo di trascorrere il tempo libero e la grafica pubblicitaria, creò sempre di più la particolare atmosfera nella quale era immersa la vita di uomini e donne che abitavano nelle città. Due caratteristiche della cultura giovanile sono rilevanti a questo proposito. Essa fu una cultura «demotica» (cioè di ispirazione popolare) e «antinomiana» (cioè avversa a ogni tipo di regola) soprattutto in merito alla condotta personale. Ognuno doveva «fare quello che gli pareva», con il minimo di costrizione esterna, benché in pratica a pressione dei coetanei e della moda imponesse la stessa uniformità che in passato, almeno nei gruppo di giovani coetanei che condividevano la stessa sottocultura. […]

 

Si presupponeva tacitamente che il mondo consistesse di parecchi miliardi di esseri umani, la cui identità consisteva nel perseguimento del proprio desiderio individuale, compresi i desideri un tempo proibiti e malvisti, ma ora permessi, non già perché fossero divenuti moralmente accettabili, ma perché erano nutriti da così tanti individui. […]

 

La rivoluzione cultura degli anni '60 e '70 può dunque essere intesa come il trionfo dell'individualismo sulla società, o piuttosto come la rottura dei fili che nel passato avevano avvinto gli uomini al tessuto sociale. […]

 

 

Essa ha trovato espressione politica in una frase del primo ministro inglese Margaret Thatcher: «La società non esiste; esistono solo gli individui».

 

E.J. Hobsbawm, Il secolo breve

Società e Politica

 

E.J. Hobsbawm
E.J. Hobsbawm