Matilde di Canossa

(1046-1115)

 

L'immagine del sacro romano imperatore Enrico IV di Franconia, che nel freddo gennaio del 1077 si aggira per tre giorni e tre notti intorno al castello di Canossa, sull'Appennino reggiano, per ottenere la remissione della scomunica da papa Gregorio VII, è impressa nella memoria di tutti noi.

E con essa la figura, un po' più sfocata, di Matilde di Toscana – duchessa secondo l'uso longobardo, o marchesa secondo quello dei franchi, oppure semplicemente contessa, come amava farsi chiamare – che aveva ospitato il pontefice appunto nel maniero familiare.

 

 

Nata nel 1046, probabilmente a Mantova, da Bonifacio di Canossa e da Beatrice di Lotaringia, di stirpe reale, che era riuscita a imporle il nome della nonna materna, Matilde di trova a vivere da protagonista il periodo più turbolento dello scontro fra il papato e l'autorità imperiale, che la consueta espressione «lotta per le investiture» non aiuta a comprendere fino in fondo. Sarà un'assidua sostenitrice dei pontefici – e in particolare di Gregorio VVI, di cui peraltro condivideva gli intenti riformatori della Chiesa – sia per tradizione familiare, sia per esperienza personale. Infatti, quando Bonifacio viene assassinato nel 1052 e Beatrice sposa in seconde nozze Goffredo il Barbuto, duca della Bassa Lotaringia, l'imperatore Enrico III non approva l'unione delle due potenti casate e imprigiona Matilde con la madre, portandole a Spira, dove saranno liberate solo dopo la morte di Enrico, nel 1056.

Parmigianino, Ritratto di Matilde di Canossa, XVI secolo, Museo Diocesano, Mantova

 

Nel 1076, scomparsa la madre, Matilde entra in pieno possesso dei domìni familiari, estesi su buona parte dell'Italia settentrionale e centrale, e per i quali passavano tutte le vie, di acqua e di terra, che collegavano Roma con il nord. Li governerà per quarant'anni, reggendo l'urto tremendo con l'imperatore, guidando tante volte in battaglia le sue schiere e guadagnandosi l'affetto e il rispetto dei sudditi, espressi così dal benedettino Donizone, suo confessore e biografo di corte:

 

Può infatti l'agricoltore guidare l'aratro e solcare la terra

i tori domare egli può, pascolarli e lavorare sicuro;

il viandante intraprendere può il viaggio tranquillo

e chi naviga non deve temere i pirati del Po

 finché gode Matilde di questa vita terrena.

 

Matilde in un'antica miniatura

 

Quando muore nella località emiliana di Bondeno di Roncone, nel 1115, finalmente riappacificata all'Impero, viene sepolta nel monastero di San Benedetto di Polirone, presso Mantova, uno dei tanti beneficiati dalla sua famiglia, ma nel 1634 le sue spoglie sono trasferite per volontà di Urbano VIII a Roma, in San Pietro, e deposte in un sontuoso monumento eretto da Gian Loreno Bernini.

 

 

Il suo era stato un coraggioso tentativo di costruire, dando compattezza a possedimenti eterogenei, un principato «italico», analogo a quelli che nello stesso periodo venivano eretti in altre parti d'Europa. Forse, se avesse avuto un erede, il suo progetto sarebbe stato coronato da successo; invece, nei suoi domìni, quelli non trasferiti alla Sante Sede, sarebbe fiorita la civiltà comunale.

 

 

Gian Lorenzo Bernini, Tomba di Matilde di Canossa,

navata laterale di destra della Basilica di San Pietro a Roma