Giovanni Gentile

 

Il mio liberalismo

 

Uno Stato che presupponga la libertà, la nega appunto perché la presuppone, non essendovi libertà fuori di quella vita dello spirito che, a differenza delle cose naturali, non si presuppone, ma si crea, si conquista, si sviluppa. Liberi si diventa, non si è naturalmente. E lo Stato è liberale, di fatto e non a parole, se promuove lo sviluppo della libertà considerandola come ideale da attuare, e non come naturale diritto da garantire. […] Il mio liberalismo – ho più bisogno di dirlo? – non è il primo [quello «classico»]: non è la dottrina che nega, ma quella che afferma vigorosamente lo Stato come realtà etica. La quale è, essa stessa, da realizzare, e si realizza realizzando la libertà, che è come dire l’umanità di ogni uomo, l’energia positiva dell’individuo. E appunto perciò lo Stato, come io l’intendo, è una realtà etica. […] Questo Stato liberale, per altro, non assorbe in sé e non annulla l’individuo, come teme il pavido liberale dell’individualismo. […] La politica di questo liberalismo non è certo quella gran festa o lotteria che è la politica della volgare democrazia, tutta prudenza o candore. […] Io sono fermamente convinto della necessità suprema di uno Stato forte, […] della necessità di svegliare e sviluppare in politica un senso energico di religiosità e di moralità, e di portare, d’altra parte, un senso di […] concretezza sociale e storica nello sviluppo etico-religioso dell’individuo. Questo il succo del mio liberalismo.

 

in Politica e cultura, XLV, 1, pp. 113-16

Inserito da Valentina Gaspardo