Friedrich Albert Lange (1828-1875)

 

Geschichte des Materialismus und Kritik seiner Bedeutung in der Gegenwart

(1866, 1873)

 

Zweites Buch

 

Geschichte des Materialismus seit Kant

 

Il posto eminente da noi assegnato a Kant, nella divisione stessa di quest’opera, esige assai meno oggi da parte nostra una giustificazione o semplicemente una spiegazione di quanto la esigesse all’epoca della pubblicazione della nostra prima edizione, otto anni or sono. È ben vero che allora la ritirata del nostro romanticismo filosofico tedesco era da molto tempo un fatto deciso. Come un esercito vinto cerca con lo sguardo intorno a sé un luogo sicuro in cui possa raccogliersi e formarsi in nuovo ordine, così nel mondo filosofico si udiva la parola d’ordine: «ritorniamo a Kant!». Ma soltanto in questi ultimi anni si è seriamente ritornati a lui; e ci si è dovuti convincere che il punto di vista in cui si collocò il grande filosofo di Königsberg non è stato mai ritenuto con giustizia sorpassato; anzi, è necessario penetrare nella profondità del sistema di Kant, mediante studi seri quali quelli con cui finora si onorò soltanto, tra tutti i filosofi, Aristotele.

Alcuni malintesi e la passione di scrivere si accordarono per sorpassare, all’epoca di un ricco movimento intellettuale, i limiti rigorosi imposti da Kant alla speculazione. La calma che seguì l’ebbrezza metafisica invitava tanto più a riprendere la posizione prima abbandonata in quanto che ci si trovava nuovamente di fronte al materialismo, che, all’apparire di Kant, era scomparso senza

lasciare tracce. Oggi, invece, non soltanto abbiamo una giovane scuola di kantiani, nel senso più stretto e nel più largo, ma anche coloro che vogliono seguire altre direttive si vedono costretti a regolare, in qualche modo, i loro conti con Kant e a motivare seriamente le loro divergenze. Perfino il movimento alquanto artificiosamente ingranditosi a favore della filosofia di Schopenhauer, da un lato ha avuto origine da orientamento analogo, dall’altro ha costituito per molte menti più profonde un passaggio a Kant. Qui bisogna mettere particolarmente in rilievo la calorosa accoglienza degli studiosi di scienze naturali che, trovando insufficiente il materialismo, hanno accolto per la maggior parte una concezione del mondo che, su punti importantissimi, si trova d’accordo con quella di Kant.

[...] È nella critica della ragione teoretica che dobbiamo cercare tutta l’importanza della grande riforma avviata da Kant; anche per la morale, soltanto là dev’essere cercato il valore duraturo del criticismo; il quale non soltanto contribuì al trionfo di un sistema preciso delle idee morali, ma altresì, convenientemente sviluppato, può rispondere alle esigenze mutevoli dei diversi periodi culturali.

[...] Kant paragonava la sua azione a quella di Copernico. Ora, quest’azione consisteva nel capovolgere il punto di vista adottato fin allora dalla metafisica. Copernico osò cercare «in un modo opposto ai sensi, ma vero», non nei corpi celesti, ma nell’osservatore stesso i movimenti osservati. Non meno «opposto ai sensi» deve sembrare alla pigra intelligenza dell’uomo il procedimento di Kant che, con impassibile sicurezza, rovescia il punto di vista dell’intera scienza sperimentale, nonché di tutte le scienze storiche ed esatte, ponendo la semplice ipotesi che i nostri concetti non si regolano sugli oggetti, ma gli oggetti sui nostri concetti (daß unsere Begriffe sich nicht nach den Gegenständen richten, sondern die Gegenständen nach unseren Begriffen). Ne consegue immediatamente che gli oggetti dell’esperienza non sono in generale altro che i nostri oggetti, in una parola che tutta l’oggettività non è precisamente l’oggettività assoluta, ma soltanto un’oggettività per l’uomo e per gli esseri che possono essere organizzati come l’uomo, mentre dietro il mondo dei fenomeni si nasconde, in una oscurità impenetrabile, l’essenza assoluta delle cose, la «cosa in sé».

 

 

LANGE, Friedrich Albert, Geschichte des Materialismus, 2 voll., Suhrkamp, Frankfurt am Main 1974, tr. it. in Il neocriticismo tedesco, a cura di Gianna Gigliotti, Loescher, Torino 1983